sabato 10 giugno 2023

Perché il disegno di legge del Ministero del Turismo (cd. "Decreto Santanchè) per limitare gli “affitti brevi” non potrà mai entrare in vigore con questi contenuti.

di Stefano Calandra - www.aibba.it
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IL disegno di legge Santanchè nella veste attuale, patirebbe gravi profili di incostituzionalità e potrebbe con alta probabilità non superare il parere obbligatorio dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, cui sono sottoposti i disegni di legge governativi e i regolamenti che introducono restrizioni all'accesso e all'esercizio di attività economiche (art. 34 del d.l. n. 201/2011).
 
Cosa prevede il disegno di legge
Il Ministro ha presentato un disegno di legge per limitare gli “affitti brevi”, cioè i pernottamenti di una sola notte in strutture in affitto. Il divieto sembrerebbe essere imposto nei centri storici e nelle città metropolitane, dove – se venisse approvato il disegno di legge – si potrà pernottare per una notte esclusivamente negli hotel (il divieto non è imposto per chi ha più di tre figli a carico). 

Per il nostro settore extralberghiero sono soggette alla presentazione di una  SCIA al proprio Comune le attività quali: B&B, Affittacamere e Case Vacanza.
Attualmente rimangono fuori dall'obbligo tutte le attività di affitto in locazione pura, le cosidette "Locazioni Turistiche" o "affitti brevi" ex DL 50/2017 aperte senza SCIA, oggetto di semplice "Comunicazione" al proprio Comune ove previsto, che non offrono quindi servizi all'Ospite se non il mero alloggio, e che seguono le direttive del Codice Civile in tema di Locazioni. A queste locazioni brevi oggi viene assegnato un Codice Identificativo Regionale (CIR) ove previsto e, con questo DL, il CIR dovrebbe diventare unico e nazionale (CIUN o CIN), ai fini di censimento e lotta all'abusivismo.
 
Le motivazioni del possibile diniego del Garante
L'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato aveva infatti in passato già impugnato un caso simile, e cioè la pretesa introduzione da parte della Regione Lazio di misure limitative dell’attività ricettiva extralberghiera a vantaggio di quella alberghiera per il Regolamento della Regione Lazio 7 agosto 2015, n.8, recante "nuova disciplina delle strutture ricettive extralberghiere".

L'Authority in quell'occasione ravvisò una violazione delle norme a tutela della concorrenza e del mercato – violazione degli artt. 10 e 11 del d.lgs. n. 59/2010, 3, co. 7, del d.l. n. 138/2011, 34 del d.l. n. 201/2011 e 1, co. 2 e 4, del d.l. n. 1/2012 – violazione dei principi di libera concorrenza, parità di trattamento e non discriminazione – violazione degli artt. 49 e 56 del TFUE e, soprattutto, dei principi costituzionali di cui agli artt. 3, 41 e 117 della Costituzione.
In particolare, l’art. 3, co. 7, del d.l. n. 138/2011, convertito, con modificazioni, dalla l.n. 148/2011, in materia di ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo, sotto la rubrica “Abrogazione delle indebite restrizioni all'accesso e all'esercizio delle professioni e delle attività economiche”, ha disposto che “Le disposizioni vigenti che regolano l'accesso e l'esercizio delle attività economiche devono garantire il principio di libertà di impresa e di garanzia della concorrenza. Le disposizioni relative all'introduzione di restrizioni all'accesso e all'esercizio delle attività economiche devono essere oggetto di interpretazione restrittiva, fermo in ogni caso quanto previsto al comma 1 del presente articolo”.
 
Il co. 1 del citato art. 3 del d.l. n. 138/2011 ha previsto cheComuni, Province, Regioni e Stato, entro il 30 settembre 2012, adeguano i rispettivi ordinamenti al principio secondo cui l'iniziativa e l'attività economica privata sono libere ed è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge nei soli casi di (fra l’altro): a) vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali; b) contrasto con i principi fondamentali della Costituzione; c) danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana e contrasto con l'utilità sociale; d) disposizioni indispensabili per la protezione della salute umana, la conservazione delle specie animali e vegetali, dell'ambiente, del paesaggio e del patrimonio culturale; e) disposizioni relative alle attività di raccolta di giochi pubblici ovvero che comunque comportano effetti sulla finanza pubblica.”
 
L’art. 34 del d.l. n. 201/2011, convertito, con modificazioni, dalla l.n. 214/2011, recante disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici, sotto la rubrica “Liberalizzazione delle attività economiche ed eliminazione dei controlli ex- ante”, ha abrogato il "divieto di esercizio di una attività economica al di fuori di una certa area geografica e l'abilitazione a esercitarla solo all'interno di una determinata area".

Infine, l’art. 1 del d.l. n. 1/2012, convertito, con modificazioni, dalla l.n. 27/2012, recante disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività, sotto la rubrica “Liberalizzazione delle attività economiche e riduzione degli oneri amministrativi sulle imprese”, ha nei suoi co. 2 e 4 prescritto, rispettivamente, che: “Le disposizioni recanti divieti, restrizioni, oneri o condizioni all'accesso ed all'esercizio delle attività economiche sono in ogni caso interpretate ed applicate in senso tassativo, restrittivo e ragionevolmente proporzionato alle perseguite finalità di interesse pubblico generale, alla stregua dei principi costituzionali per i quali l'iniziativa economica privata è libera secondo condizioni di piena concorrenza e pari opportunità tra tutti i soggetti, presenti e futuri, ed ammette solo i limiti, i programmi e i controlli necessari ad evitare possibili danni alla salute, all'ambiente, al paesaggio, al patrimonio artistico e culturale, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana e possibili contrasti con l'utilità sociale, con l'ordine pubblico, con il sistema tributario e con gli obblighi comunitari ed internazionali della Repubblica”.

Possibili ricorsi al TAR
Le motivazioni che inducono a pensare dell'incompatibilità alle norme vigenti del disegno di Legge Santanchè nell'attuale versione, riguardano nello specifico una sentenza del TAR del Lazio (Sentenza TAR LAZIO n. 586/2016, vedi mio articolo con le parti più importanti evidenziate) che le ha richiamate tutte.
Un possibile ricorso al TAR con le motivazioni sopra richiamate ritengo quindi che avrebbe un più che discreto motivo di successo.

Mio commento
Tra i citati motivi quindi previsti per consentire al legislatore una limitazione all'esercizio di una sola attività economica (gli "affitti brevi" in specie) rispetto alle altre, si può vedere soltanto un evidente contrasto con l'utilità sociale, di cui al punto C sopra del co. 1 del citato art. 3 del d.l. n. 138/2011
Questo forse è l'unico punto che potrebbe essere discutibile, ma molti dati statistici evidenziano come la presenza e l'incremento di attività ricettive di affitti brevi non siano la causa dello svuotamento dei centri storici, ma eventualmente solo una piccola concausa, che però certamente non può competere con il numero dei posti letto alberghieri che peraltro richiedono un cambio di destinazione d'uso dei fabbricati, questo sì in contrasto con l'utilità sociale della residenzialità!
Ma tutte le altre previsioni di legge citate direi che inequivocabilmente riconducono ad una posizione difficile il disegno di legge Santanché, tanto che non ritengo possa entrare in vigore in questa versione attuale, su questo specifico punto della limitazione ad un minimum stay di due notti per gli affitti brevi. 
 
Lasciatemi infine fare una piccola chiosa. Non è a colpi  di divieti che si governano i flussi turistici in un centro storico o in una città d'arte. La gestione è molto più complessa e deve coinvolgere tutti gli enti pubblici della città, da quelli museali all'amministrazione comunale, ai trasporti, per creare una consapevolezza maggiore per il visitatore della necessità della conservazione della città. 
Con le tecnologie esistenti sarebbe possibile utilizzare un'unica app per tutti i servizi della città, app che potrebbe fornire al visitatore le informazioni corrette sulla visita, sulla quantità di afflusso turistico di quel giorno e sulle possibilità di prenotazione o meno per una certa data. Tutto è possibile con la tecnologia, facendo leva sul naturale senso civico e la consapevolezza del visitatore. 
Nessuno ormai si muove senza un telefono cellulare e quindi se tutti i servizi passano da un'unica app dei servizi della città credo che il problema si possa risolvere per oltre 50%. Utopia? Al momento pare di sì.
 
 Un caro saluto.
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Cordiali saluti a tutti!


Stefano Calandra* - AIBBA&AgICAV, Email: calandra@aibba.it

* Presidente (1999-2010) e fondatore di ANBBA - Associazione Nazionale Bed & Breakfast Affittacamere,  di AICAV - Associazione Italiana Case Vacanza (Fondatore e Consigliere nazionale 2005-2011), di ABBAV - Associazione B&B del Veneto (fondatore e presidente 2003-2010); Fondatore (2011) e titolare di AIBBA&AgICAV - Agenzia Nazionale dei Bed & Breakfast, Affittacamere e Case Vacanza.
© Stefano Calandra (chi è? Clicca QUI) - www.aibba.it